Google correlate: le query associate e connesse alle principali key

22/12/2020

Quando viene effettuata una ricerca su Google, il motore di ricerca, suggerisce all’utente altre parole, collegate alla query principale. I suggerimenti altro non sono che le “Google correlate”. Rappresentano una parte veramente molto importante per la strategia SEO, soprattutto da quando è stato rilasciato BERT, l’ultimo super algoritmo di Google.

Google BERT: cos’è e come funziona

Per capire l’importanza del ruolo delle Google correlate è bene iniziare a spiegare cos’è e come funziona Bert, il nuovo algoritmo di BigG.

Bert è l’acronimo di Bidirectional Encoder Representations from Transformers, e rappresenta il più grande balzo in avanti che Google abbia mai compiuto negli ultimi cinque anni. Il documento è stato messo a punto e pubblicato dalla divisione Google AI Language, suscitando scalpore nella comunità di Machine Learning.

Bert utilizza una tecnica chiamata Masked LM (MLM). Questa permette di gestire, leggere e analizzare una frase mettendo in relazione tra loro, tutte le parole che la compongono. Finora invece le frasi venivano gestite a singole parole, senza che il sistema riuscisse a capire il senso proprio della frase, cioè il concetto base che le legava, andando a formare l’intento di ricerca dell’utente.

In altre parole Bert utilizza un sistema (chiamato Transformer) che riesce ad capire le relazioni contestuali tra le parole all’interno di un testo. Il codificatore di Bert riesce a leggere l’intera sequenza di parole contemporaneamente. In passato invece la lettura delle frasi, da parte degli algoritmi, avveniva solo in modo direzionale (cioè da sinistra verso destra, o viceversa) considerando le singole parole e non il senso della frase intera.

Quindi Bert è un algoritmo “bidirezionale” che riesce a capire il contesto di una parola in base a tutto quello che la circonda (tutto quello che si trova sia a sinistra che a destra della parola stessa).

Google correlate: l’importanza della key research

Quando viene eseguita una query su Google, il motore di ricerca mette a disposizione dell’utente una serie di papabili risposte. La prima in elenco rappresenta quella maggiormente attinente alla ricerca effettuata. Scorrendo via via la classifica dei risultati mostrati da Google, si trovano le parole correlate alla query principale, con un livello sempre minore di attinenza.

Google ha a disposizione vari algoritmi per riuscire a capire cosa stia effettivamente cercando un utente. Utenti diversi possono cercare la stessa cosa, utilizzando, ad esempio, termini totalmente diversi. Per questo motivo the Big G deve essere in grado di mostrare il risultato più coerente con l’intento della ricerca che l’utente ha effettuato.

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, prima gli algoritmi di Google leggevano le query digitate semplicemente basandosi sulle singole parole. Non tenevano quindi conto dei proponimenti finali degli utenti. Semplicemente il sistema analizzava la parola e rimandava, in modo direzionale, a determinati risultati che più di altri si avvicinavano alla parola stessa.

Oggi con Bert la storia cambia. Quello che è analizzato è l’intenzione della ricerca di un utente, non la singola parola utilizzata. Per questo motivo diventa ancora più importante scegliere oculatamente le parole chiave e le Google correlate in fase di keyword research.

Google correlate: a cosa servono

Le Google correlate sono mostrate dal motore di ricerca in fondo alla pagina della SERP, o direttamente nei suggerimenti di ricerca via via che la query viene digitata (Google suggest).

Google anticipa e “prevede” le ricerche. Con il tempo il sistema ha acquisito conoscenza su svariati argomenti e ne sa quindi più degli stessi utenti. Rivolgersi a Google significa sapere, quasi di per certo, che sarà possibile trovare una risposta, perché il motore di ricerca è arrivato a sapere cosa gli utenti vogliono sapere.

Le Google correlate aiutano a capire meglio le ricerche effettuate. Servono agli utenti ad affinare le ricerche o ad approfondire gli argomenti, sviscerandoli anche da diversi punti di vista. Punti di osservazione che magari l’utente stesso non sospettava nemmeno esistessero. Google in questo modo anticipa con la consapevolezza che, quando viene fatta una query, gli utenti dopo ne effettueranno altre. Conoscendo quindi il punto di partenza, mette a disposizione infinite strade di conoscenza da intraprendere in correlazione alla parola chiave principale.

Alla luce di tutto questo e grazie anche all’introduzione di Bert, Google piano piano cambierà anche il modo di fare key research, SEO e soprattutto il modo stesso di scrivere in ottica Seo.

Come sfruttare al meglio le ricerche correlate di Google

Le Google correlate possono essere strategicamente utilizzate in ottica SEO, per migliorare la visibilità di un sito. Tutto parte dallo studio e dalla ricerca delle parole chiave e si sviluppa poi nella creazione di contenuti specifici.

Come trovare le parole correlate

Abbiamo detto che tutto parte dell’analisi e dallo studio delle parole chiave. Individuate le parole chiave principali, è necessario studiare e ricercare quelle a loro correlate. Per farlo esistono vari tool, sia gratuiti che a pagamento, che possono aiutare e facilitare moltissimo questo compito.

Tra quelli a pagamento ricordiamo, ad esempio, SEMRush, oppure SEOZoom. Sia nel primo che nel secondo caso, il tool aiuta in modo semplice ed intuitivo. Digitata la parola chiave principale e analizzata in termini di volumi di ricerca e variazioni temporali, entrambi gli strumenti hanno una sezione dedicata nella quale sono mostrate le parole correlate. Elenchi di parole e termini collegati alla parola chiave principale, attorno alla quale è così possibile creare un vera e propria strategia seo.

In alternativa a questi due colossi della seo, si può sempre ricorrere a Google Suggest (i suggerimenti che il motore mostra all’utente via via che la query è digitata nel campo ricerca) e le Google correlate che si trovano nella parte bassa della pagina, alla fine della SERP.

Ricordiamo infine anche Google Trends. Si tratta di un sistema semplice, versatile e intuitivo per trovare parole correlate alla key principale. Google Trends oltre a suggerire parole collegate alla principale, consente di definire un preciso arco temporale e studiare varie zone di ricerca.

Creare contenuti di qualità

Trovare le parole chiave e le correlate è solo il primo step del lavoro seo da fare. Individuato l’argomento e analizzate le parole satellite, è tempo di iniziare a dedicarsi ai contenuti. Il contenuto di un sito, come di un blog, non può essere semplicemente “rovesciato a cascata” sulle pagine bianche del web. Deve essere strutturato e meticolosamente studiato a tavolino, perché abbia alla fine un senso e soprattutto sia utile ad aumentare la visibilità del sito. In altre parole contenuto e formato migliorano il posizionamento di un sito sui motori di ricerca. Un modello da poter utilizzare, per creare contenuti strutturali validi ed efficaci, è quello del Topic Cluster Model. Si tratta di un’organizzazione interna del sito o del blog, strutturata in modo tale da permettere agli utenti di trovare presto e bene ogni risposta alle proprie ricerche.

Il modello in questione è formato da tre diversi elementi (tre pilastri fondamentali per una struttura perfetta):

Pillar page

Cluster Content

Link interno

La struttura è spiegata molto bene partendo dalla pillar page. Si tratta del pilastro portante di un sito o di un blog. Deve avere una lunghezza minima di 300 parole, trattare una tematica verticale in modo non approfondito, ma in maniera diffusa e contenere link interni posizionati in modo strategico.

I cluster content invece sono pagine/articoli correlati alla Pillar page che rimandano alla stessa (e viceversa) con preziosi link interni, che concorrono a creare una link juice perfetta.

Affinché questo schema risulti efficace in ottica Seo, i link interni non devono essere posizionati casualmente (devono permettere agli utenti di continuare la navigazione all’interno del sito in maniera rapida e dinamica). Le parole chiave da linkare sono le famose Google correlate descritte in questo articolo. Sempre meglio scegliere correlate a coda lunga e coerenti con gli argomenti trattati.

Google correlate e contenuti di qualità

Trovate le parole chiave e le Google correlate, stabilita la struttura e la forma dei contenuti, è tempo di scrivere. Da ultimo, ma non per importanza, la scrittura dei contenuti di un sito, o di un blog, richiede tempo e attenzione.

Allo stesso modo della struttura,u n sito, non può essere semplicemente riempito con parole e contenuti a caso. Gli argomenti devono essere analizzati in base agli intenti di ricerca, alle parole chiave e alle correlate, tenendo sempre presente prodotti e servizi gestiti dal sito stesso.

Non esiste, purtroppo e per fortuna, un metodo giusto per scrivere contenuti efficaci. Non ci sono regole prestabilite, ma vale sempre e comunque quella del buon senso. Tenendo conto delle parole di Bill Gates: “Content is the king”, il contenuto creato per pagine e articoli deve essere utile all’utente.

Utile a dare risposte esaustive, risposte precise e immediate. Utile a descrivere qualcosa, ad insegnare o diffondere conoscenza. Non mere parole per riempire spazi vuoti, ma contenuti interessanti per gli utenti. Starà poi alla bravura del writer riuscire a dare risposte concrete alle domande degli utenti, utilizzando un linguaggio dinamico e semplice, senza perdere poi di vista il fine ultimo di utilizzare le parole chiave e le Google correlate. Largo alla creatività, ma occhio alle regole per non perdere mai di vista l’obiettivo finale, la visibilità del sito.